Milano: fino al 31/5 la mostra “Corpi in Attesa”
A.MORE gallery presenta fino al 31 maggio 2024 CORPI IN ATTESA, mostra personale di Aldo Saluccia cura di Domenico de Chirico
L’esposizione, nella sede della galleria in Via A. Massena 19 a Milano, presenta la nuova serie di lavori che l’artista romano, meneghino d’adozione, ha realizzato negli ultimi anni e che mettono in luce la fragilità umana.
La mostra è un invito a immergersi nella sinfonia visiva di Aldo Salucci, che con questo nuovo corposo ciclo di opere vuole porre l’attenzione sulla diversità di ogni essere umano, con le sue fragilità e probabili ferite. L’artista esorta con queste opere il visitatore a guardare al futuro con speranza e astigmatizzare ogni tormento. Ogni essere umano durante la sua esistenza si trova a scontrarsi con le difficoltà ma l’importante è non farsi sopraffare. Un’esortazione ad accettare tutti i traumi e a concepirli come punti di forza ed elementi caratterizzanti.
Le opere, che a un primo sguardo ricordano delle foto satellitari di paesaggi terrestri, invece rappresentano delle cellule umane viste al microscopio. La natura, che da sempre affascina l’artista, è anche questa volta protagonista delle sue creazioni. In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno stile semplice, vivace e immediato. Aldo Salucci utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori accesi. Nelle opere troviamo delle “ferite” che l’artista ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi (“riparare con l’oro”). Questa pratica nasce infatti dall’idea che dall’imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore. “Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando cilussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente” – afferma il curatore Domenico de Chirico.
Aldo Salucci, anche in questo progetto utilizza la fotografia non come scopo finale della sua arte, ma come mezzo che gli permette di creare opere di tecniche miste che spingano il visitatore a riflettere, a interrogarsi. Opere che possano spronare l’uomo a accettare le proprie cicatrici e da quelle trovare nuova forza e speranza per affrontare quello che lo può attendere.